- Into the wild
- La leggenda del pianista sull`oceano
- La strage di Bologna (lettera)
- L’ospite inatteso – monologo
- Monologo di Maggie: "Million Dollar Baby"
- Million Dollar Baby Monologo di Frankie Dunn
- The blind side
INTO THE WILD-NELLE TERRE SELVAGGE
scritto e diretto da SEAN PENN
Se è vero che ci si accorge delle cose importanti soltanto nei momenti di incredibile sconforto e dolore, il protagonista del film Christopher McCandless, soltanto in punto di morte, alla fine della sua avventura ammetterà che “La felicità esiste solo se condivisa”.
Verità che da sempre aveva avuto davanti a sé, ma che la sua voglia di libertà, la sua paura di fermarsi e gettare un ancora e la sua inesauribile ricerca di vita, avevano offuscato.
Perché la risposta al suo vagare Christopher l’aveva già trovata lungo la strada. L’affetto delle persone, l’anziano senza figli né parenti, la sorella che lo attende a casa ma che sotto sotto sa che il destino del fratello è un altro, la natura, alternativa ad una società che non rappresentava ai suoi occhi i veri valori da seguire, fatta di vuoto e pregiudizi che ti precludono la possibilità di vivere, ed i libri, per Christopher fonti di verità e saggezza. Con Jack London, Tolstoj e Thoreau in testa e sulle spalle, Lui non si sentiva mai solo. È sconvolgente vedere questo brillante neo laureato con la testa ben piantata sulle spalle,come lui stesso si definisce, che si arrampica per le montagne innevate dell'Alaska, che corre libero senza meta con i polmoni pieni d'aria, lontano dalla famiglia e dalla carriera, in cerca della libertà assoluta, in fuga per non essere avvelenato dalla società, senza niente con sé, né orologio né mappe, solo lui e la natura selvaggia, che alla vista di un gruppo di alci spensierati e liberi di pascolare nei vasti prati di Alaska, si commuove e allo stesso tempo sorride, perché ha il cuore che gli esplode di gioia, perché finalmente, si sente Libero .
Il tempo passa e non me ne accorgo. Tutto succede in meno di due ore. Una vita mi scorre davanti agli occhi, sullo schermo, la vita di Christopher McCandless.
Così minuto dopo minuto mi trovo a condividere con lui la sua fragilità, la sua infanzia che poi si rivela una gigantesca finzione, i suoi tesi equilibri familiari, l'ipocrisia e l'egoismo di un mondo fatto di apparenze.
Ma ciò che mi ha colpito di più durante la visione di “Into the Wild” non è tanto la trama (commovente tremendamente triste ed autentica), ma bensì trovarmi davanti ad un giovane ragazzo poco più grande di me, ma con le idee così ben chiare sul senso che lui voleva dare alla sua vita, lasciandomi intendere che l'uomo riesce a vivere anche in condizioni di povertà materiale, e anzi, da queste può trarre una maggior felicità imparando ad apprezzare maggiormente le piccole cose, delle quali noi presso poco non prendiamo atto.
Se avessi qui davanti a me in questi momento Christopher McCandless, l'unica osservazione che gli farei è il fatto che lui a mio avviso si spinse forse troppo in là.
Fossi stata al suo posto, a un certo punto avrei lasciato la natura selvaggia per una ragione altrettanto valida di quella per cui ci ero andata. Forse perché la vita in qualunque modo essa sia , vale la pena di essere vissuta.
A cura di Arba Bicaku
La leggenda del pianista sull`oceano
Cara Claudia,
oggi ti voglio raccontare di un film che ho visto poco tempo fa. Si intitola “La leggenda del pianista sull`oceano”. È un film bellissimo. Parla di Novecento, il figlio di una passeggera del Virginian, una nave molto grande che continuava ad attraversare l`oceano fra l`Europa e l`America. Il bambino nacque sul Virginian e quando erano arrivati in America, la madre l`abbandonò sulla nave. Denny, un lavoratore, trovò il bambino e lo crebbe.
Tutto l`equipaggio amava Novecento, portava sempre della variazione nella dura vita quotidiana.
Quando fu più grande, Novecento incominciò a suonare il pianoforte. Benché nessuno glielo avesse insegnato, lo suonava così bene che diventò famoso in tutto il mondo. Se avesse abbandonato la nave, non avrebbe potuto salvarsi dalle offerte di lavoro, ma lui non ci riuscì.
Per un lungo tempo lavorò anche un suonatore di una tromba sul Virginian, che diventava l`amico di Novecento. Il film è costruito in modo che quello racconti tutta la storia.
Infatti esiste anche il libro. Non è molto ponderoso, ha soltanto circa 100 pagine e credo che ti piacerebbe anche se non ami leggere. Ti consiglierei il libro ed il film, penso che tutti e due siano veramente belli.
Scrivimi se lo vedi, se lo leggi.
Cari saluti
Julia
A cura di Julia Morandell
La strage di Bologna (lettera)
Ciao Pietro,
come stai? Come sta la mamma? Vi penso sempre, non voglio dimenticare cos’è successo quel 2 agosto del 1980 , troppi l’hanno già dimenticato. Non voglio scordare quella strage a Bologna dove tu e la mamma avete lasciato la vostra vita. Ora di anni ne avresti 37, pensa un po’ potresti avere già una famiglia e io potrei avere dei nipotini simpatici come lo eri tu. È ancora strano alzarmi ogni giorno sapendo che tu e la mamma non ci siete e non ritornerete mai più. Perché volevate proprio andare a trovare i nonni quel 2 agosto e perché dovevo proprio andare al lavoro io ?! Sai che ogni giorno quando guardo la tv mi viene in mente che tu dicevi sempre che volevi essere un cantante famoso e essere in tv.
Quel 2 agosto tu eri in tv, tutti quelli che erano in stazione erano in tv. Anni e anni si è parlato ancora di quel pomeriggio poi hanno smesso. Tante volte mi sembra che soltanto quelli che hanno perso qualcuno si occupino ancora che le indagini continuino. Ma non mi pare che stiano proseguendo.
Un paio di anni fa hanno dichiarato che era stato un attentato fascista. Ma quello che mi sto chiedendo è: perché?, perché hanno scelto proprio un posto dove tutta la gente erano civili??
Vorrei parlare con quello che ha avuto quella maledetta idea e chiedergli come sta sapendo che ha ucciso 85 persone...
Voglio rivedervi non ce la faccio più senza di voi!
Un bacio!
Un bacio anche alla mamma!!
Karin Giacomozzi
L’ospite inatteso – monologo
“ E adesso cosa faccio? Ho due stranieri in casa,senza permesso di soggiorno…c’è qualche manuale intitolato >>cosa fare con due extracomunitarii clandestini in casa<<? Non credo…penso che sia proprio ora di pubblicarlo un libro così, sicuramente tanta gente ne avrebbe bisogno! Cacciarli fuori di casa? E se poi gli succedesse qualcosa? Io non voglio essere responsabile per la morte di due persone! In fondo non hanno fatto niente di male…almeno per quanto ne sappia io…e l’appartamento qui a New York a dire il vero non lo uso mai…e se li scoprissero? Cosa accadrebbe? Arresterebbero anche me?...mi faccio troppe domande, ne sono sicuro! Dimostrerò a tutti che ho coraggio anch’io…non mi riconosceranno più! Ecco, deciso: li terrò in casa mia e insieme troveremo una soluzione…per quel poco che li conosco mi sembrano anche abbastanza simpatici…più lui che lei forse…ma può darsi che lei sia solo timida e perciò non fa vedere le sue emozioni…e mi sembra anche che abbia avuto un po’ di paura di me prima…vabbeh, adesso vedrò, comunque credo che siano appena tornati, mi sembra di aver sentito la porta…allora gli dirò che ho deciso che possono restare!”
A cura di Anna Santolin
Monologo di Maggie: "Million Dollar Baby"
Sono all' ospedale e non riesco a muovere né gambe e piedi, né la testa. Perchè è successo proprio a me questo incidente? Non avrei mai pensato che sarei finita in queste condizioni...Perchè non poteva capitare ad un'altra persona? Non è che lo augurerei a qualcuno ma mi chiedo veramente perchè proprio io. Sono una brava ragazza...non ho fatto del male a nessuno...eppure sono qua. Se non avessi insistito quando il mio "capo" ha detto che non mi voleva nel suo gruppo, forse adesso sarei fuori a giocare, o a lavorare. Ma testarda come sono non ho potuto mollare...Ho sempre creduto che seguire i propri sogni fosse la strada giusta, ma nel mio caso è proprio l'opposto. Non avrei dovuto andare nella palestra a chiederglielo. Ora devo pagare. Il mio cuore è a pezzi. Non avrò un futuro da pugile anche se lo volessi con tutto il cuore. Ho dato tutto negli ultimi mesi, tutta la mia forza, per niente alla fine. Che senso ha ancora la mia vita? Penso che non abbia più nessun senso che continui a vivere così...forse è meglio che inizi a congedarmi...
a cura di Julia Daldos
Million Dollar Baby Monologo di Frankie Dunn:
Che cosa ho mai fatto? L’ho uccisa. È stata come una figlia per me e adesso non c’è più. Sarebbe stato meglio se non l’avessi fatto? Se non l’avessi ascoltata? Per dire la verità, non lo so. Maggie mi ha chiesto di liberarla perché sicuramente la sua “nuova” vita con una gamba sola non può essere confrontata con la sua vita di prima. Era una pugile meravigliosa ed io, come suo allenatore, ero molto fiero di lei. Oh, se mi ricordo come all’inizio mi chiamava sempre “capo” e come avevo rifiutato di allenarla perché era una donna. È stata lei a cambiare la mia vita e penso che anch’io abbia cambiato la sua; però adesso è morta e mi sento colpevole. Se non l’avessi accettata nella mia squadra, non avrebbe partecipato a quest’incontro di pugilato, l’avversaria non l’avrebbe atterrata e ferita gravemente sulla nuca e non sarebbe rimasta all’ospedale per così tanto tempo, quindi il suo corpo non si sarebbe logorato totalmente e non avrebbe dovuto amputare una sua gamba…
D’altro lato però mi chiedo se non sia la morte più bella quando si muore a causa della cosa che si ama di più…e la boxe era sicuramente la cosa più importante per Maggie.
Penso che io abbia fatto la cosa giusta per Maggie però non so se potrò vivere con la cognizione di avere ucciso una persona…
A cura di Melanie Plattner
“The blind side“
Guardate bene la donna con i capelli biondi. Come la descrivereste? Non ditemi che è bella, osservate soprattutto la sua espressione e la sua gestualità. Secondo me è sicura di sé, decisa ad ottenere ciò che vuole e pronta a fare di tutto per difendere la sua famiglia. Niente di speciale, fino adesso. Ma se vi dicessi cha la ragione per la quale si batte come una leonessa, è un ragazzo nero, diciassettenne senzatetto rimasto orfano di padre e con una madre dipendente dal crack, cosa mi rispondereste?
Sareste sicuramente sorpresi e scommetto che tanti di voi non mi crederebbero. O forse pensereste che si tratti di un altro film inventato a Hollywood: poco realistico, mieloso e calcolato. Invece non è così. “The blind sinde” racconta una storia incredibile e la cosa straordinaria è che successe veramente.
Una sera piovosa la famiglia benestante Tuohy notò Michael Oher, gli diede un letto e si prese a cuore la sua vicenda, decidendo d’adottarlo e aiutandolo negli studi e a coltivare il suo potenziale nello sport. Grazie ai Tuohy, Michael riuscì a realizzare il suo sogno di diventare giocatore professionista di football americano.
Forse proprio perché è una storia vera, il film mi ha fatto riflettere parecchio. Chi di noi avrebbe il coraggio di aprire la sua casa a un ragazzo povero del quale non sa quasi niente? Spesso la gente tende a pensare per prima cosa ai propri vantaggi, nonostante ognuno di noi sappia benissimo che tanti avrebbero bisogno del nostro aiuto. Quante volte ci scusiamo dicendo che un solo uomo non potrebbe ottenere niente? La famiglia Tuohy dimostra il contrario e inoltre Leigh Anne Tuohy spiega un’altra cosa fondamentale a una sua amica e a tutti noi: aiutare non significa soltanto dare, ma ricevere anche tanto di ritorno.
“Tesoro, tu gli stai cambiando la vita…”
“No, lui sta cambiando la mia!”
A cura di Nora Lantschner