I Romani si erano accampati
sulle coste della Sardegna, soprattutto attratti dalle
miniere di piombo. Ma i fieri abitanti delle montagne,
asserragliati nelle grotte , al riparo nei nuraghi, opposero
tenace resistenza.
A quel tempo viveva un giovane chiamato Ostio, ardimentoso e
fiero; era il nipote di uno dei pastori più
autorevoli. Stanco di questo stato di cose, un giorno Ostio
riunì i suoi amici: «Bisogna scacciare i
Romani» disse «andiamo noi a
combatterli!»
«Andiamo!»
«Ma non diciamo nulla a nessuno» raccomandò
Ostio «non ci lascerebbero partire. Questa notte
partiamo tutti a cavallo».
Nella notte una trentina di ragazzi partirono in sella ai
vigorosi cavallucci sardi. Nessuno, nelle grotte, s'accorse
di nulla; tuttavia un pastore che vegliava il suo gregge
scorse il drappello già lontano sulla strada, in
direzione degli accampati romani, e diede l'allarme.
In un attimo, tutti i pastori furono pronti per
l'inseguimento. Ma non c'erano più cavalli e non era
possibile raggiungere i ragazzi. Nonostante ciò,
lasciando le donne in pianto, gli uomini si misero in
cammino, anche se avevano pochissime speranze. «Non
siamo più in tempo per salvarli» dicevano
«ma li vendicheremo ...»
All'alba, ecco lontano nella valle sollevarsi una nuvola di
polvere. Gli uomini si fermarono, pronti all'attacco.
Ma ecco apparire sui loro piccoli cavalli, i fanciulli
disarmati, ma incolumi.
Intorno a loro c'era una schiera di legionari romani, dalle
insegne lucenti.
Un centurione avanzò verso di loro: «Eccovi i
vostri figli. Noi non combattiamo con i fanciulli»
disse «ma saremmo ben lieti di essere amici di gente
che ha simile gioventù».
Allora, ciò che la forza non aveva potuto ottenere,
ottenne la magnanimità: i rudi pastori lasciarono
cadere le armi e levarono le braccia per salutare le insegne
latine.
LUIS SCHENK 2000/2001
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