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La battaglia infuriava sulle rive del Tevere. Turno, re dei Rutuli, uomo assai forte, combatteva contro le forze di Enea e dei Latini, minacciando morte e rovina all' eroe troiano e ai suoi alleati. Improvvisamente gli si fece incontro un giovanetto bello e ardito, armato di una lunga asta di frassino, ferrata sulla punta. «Fatti indietro, fanciullo» gridò Turno infuriato «se non vuoi che io ti trapassi con la mia lancia! Questa non è una battaglia per ragazzi». |
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Ma Pallante, il giovane guerriero, infiammato d'amore per la sua terra, gli lanciò contro senza paura la sua arma, con tutta la forza dell'entusiasmo giovanile, sicuro di colpire a morte il feroce guerriero. L'asta rimbalzò sullo scudo del nemico e cadde a terra rompendosi in più pezzi. Subito Turno scagliò la sua arma, ben più possente, che trapassò lo scudo e ferì a morte il giovanetto, colpendolo al cuore. Finita la battaglia, Evandro, il padre di Pallante, depose la salma del figlio in una tomba scavata nella roccia e vi pose accanto una lampada accesa. Chiuse la sepoltura e piantò dei cespugli di corbezzolo sul tumulo, perché nessuno potesse trovare la tomba e violare il riposo di Pallante. Passarono i secoli. Sorse e fiorì la potenza di Roma, e successivamente i barbari invasero la nostra terra, mettendo tutto a ferro e fuoco. Un giorno, cercando tesori nascosti, alcuni guerrieri barbari strapparono i corbezzoli che coprivano l'antica tomba e aprirono la sepoltura. Rimasero di sasso. La lampada ardeva ancora, dopo tanti secoli, presso il corpo intatto del giovinetto morto per la libertà della sua patria. Presi da grande terrore e riverenza, i predoni riposero la lampada al suo posto e richiusero la tomba senza toccare nulla. Questa fiamma, affermano i Romani, continua ancora a splendere nelle viscere del Colle Palatino, quale segno vivente della civiltà latina. ALEX SENONER 2000/2001 |
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