C'era una volta, raccontano gli
Abruzzesi, un povero vecchietto che lavorava molto, ma che
viveva, con la moglie, nella più squallida
miseria.
Un giorno, mentre lavorava sospirando e brontolando, gli si
presentò un maestoso signore dalla lunga barba
bianca, che gli disse:
«Voglio aiutarti. Eccoti
un bel dono!» e gli consegnò una borsa con cento
ducati d'oro. Il contadino, tornato a casa, nascose il
gruzzolo in mezzo al letame così, pensò, la
sua fortuna era al sicuro.
Il giorno dopo andò a lavorare come sempre; quando
tornò a casa, la sera, trovò la tavola
insolitamente imbandita. «Come hai fatto?» chiese
stupefatto alla moglie.
«Ho venduto il letame!» gridò il marito
fuori di sé per la collera. «Hai dato via cento
ducati d'oro!».
Il giorno dopo, il vecchio, lavorando nel bosco, piangeva e
sospirava più del consueto.
Tornò il buon vecchio: «Ho saputo che cosa ti
è successo: eccoti altri cento ducati».
Il vecchio, questa volta, li nascose sotto la cenere senza
dire nulla alla sua donna. Ma volle il caso che la moglie
vendesse la cenere: «Stavolta non ti do più
denaro» disse lo sconosciuto, e gli consegnò un
sacchetto contenente uno strano dono: ventiquattro rane.
Il vecchietto le barattò con un gran pesce; la sera,
perché stesse fresco, lo appese fuori dalla finestra.
S'accorse con stupore che emanava una vivissima luce.
Di notte ci fu burrasca. I pescatori, smarriti nel buio,
scorsero la luce del pesce e si orientarono; così
furono salvi.
Riconoscenti portarono al vecchio metà del ricavato
della loro pesca. Da allora il pesce lucente rimase al suo
posto, come un primitivo faro. E il vecchietto, con i doni
dei pescatori suoi amici, non seppe più che cosa
volesse dire la miseria e la fame.
ALEX SENONER
2000/2001
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