Il turismo

 

Tre valli - due volti Le roccaforti turistiche di Val Gardena e Val Badia

 

In Val Gardena, a partire dal XVI° secolo, l’ intaglio del legno si sviluppò come attività domestica. Nel XIX° secolo assunse una tale entità, che si incominciò a temere per la conservazione dei boschi. Severe norme dovettero essere emanate per la produzione del pino cembro, che è il legno più richiesto da intaglio.
I commercianti gardenesi dispersero per l’Europa milioni di pezzi di giochi per bambini, mobili e suppellettili di legno per la casa. La Val Gardena divenne sinonimo della “Valle degli intagliatori”. 80% della popolazione occupava tale attività.

In Val Gardena ci sono due scuole d’arte e molti artisti figurativi.
La prima strada valliva della Val Gardena (1856) facilitava l’esportazione del legname e portò ben presto nella Valle i primi turisti.

La ferrovia Chiusa-Plan presso Selva avviò un inatteso sviluppo.
Nel periodo 1915-1917 le Valli Gardena e Badia furono territori degli schieramenti militari sul fronte sulle Dolomiti.

Gli antichi borghi costituiti essenzialmente da case, scuola, casa del sagrestano, bottega e locanda, particolarmente negli ultimi decenni del XX° secolo, si dilatarono in insediamenti alberghieri.

Gli otto chilometri della Val Gardena si sono espansi a formare quasi un’ unica lunga città stradale. Le statistiche di presenza forestiere in Val Gardena parlano chiaro: 8000 abitanti, 15.000 posti letti, oltre 1.500.000 pernottamenti all’anno.

La Ladinia, un tempo zona depressa, si è trasformata in una delle zone economicamente più floride dell’Alto Adige.

Il museo etnografico nella “Cësa dei Ladins” di Ortisei, nel quale si trovano notevoli collezioni storiche e sugli usi e costumi, mostra anche notevoli esemplari della tradizione dell’ intaglio, veri tesori minerari e fossili.

Al Passo Gardena (2121 m), tra il bizzarro gruppo del Cir e il Gruppo del Sella, raggiungiamo l’ alta Badia: Corvara con Colfosco, Badia con La Villa ai piedi della Gardenacia. L’ isolata Alta Badia fu fino alla seconda guerra mondiale caratterizzata da un modesto autosostentamento agricolo. Chi non aveva la fortuna di ereditare un maso si doveva adattare come domestica.
L’intensiva attività di pascolo nei boschi ha condotto su un suolo argilloso dell’ alta Val Badia e sopra S. Cristina, a fenomeni di smottamento dei pendii ed erosione, a tutt’ oggi non del tutto esaurito.
Oggi l’ “Alta Badia” è una famosa località turistica alpina invernale.

San Martino si è invece conservata anche nel paesaggio urbano. Su una collina erbosa, troneggia Castel Badia, dove un tempo risiedeva il comandante militare al servizio del principe - vescovo di Bressanone.

Gran parte della Val Badia aveva rapporti di vassallaggio con il convento femminile di Sonnenburg presso San Lorenzo. Mentre Antermoia, posta lungo la strada per il Passo delle Erbe, possiede impianti sciistici, la Valle di Longiarù, ci conduce verso la parte centrale del Parco Naturale e ci immerge profondamente nella storia della cultura degli insediamenti ladini.


La Val di Funes


Ad occidente la Val di Funes costituisce il „ cuore verde“ del parco naturale, un’oasi di tranquillità tra i circuiti sciistici della Val Badia e della Plose. Sui pendii sorgono grandi masi isolati, immersi come piccoli principati tra i loro campi, prati e boschi.

Gli uomini andavano e venivano, ma il maso rimaneva intoccabile come garante delle solide basi economiche della famiglia contadina.

Il paradigma della Val di Funes come “Valle di tranquillità” è stato una volta in pericolo. Quando nei primi anni 70 si iniziò con la perimetrazione del Parco Naturale Puez Odle, il piano urbanistico comunale conteneva anche un esteso circuito sciistico. Il “movimento per la conservazione del gruppo delle Odle” raccolse più di 5000 firme a favore dell’istituzione del Parco. Questa fu la prima iniziativa pubblica di ampia portata di forme di tutela naturalistica. La Val di Funes pose quindi una pietra miliare nella politica della protezione ambientale in Alto Adige.

Oggi la Val di Funes, dove il paesaggio culturale muta in modo graduale tra boschi intatti e prati d’alpeggio fioriti fino ai piedi delle maestose cime delle Odle, basa su un turismo mite, in cui i turisti non solo cercano, ma anche trovano, ristoro in un paesaggio naturale e culturale.

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